Come si Installa una Dittatura

A volte, nel corso degli anni e delle mie riflessioni, mi sono posto questa domanda considerando la storia della nostra umanità. Sì, come hanno potuto certi popoli, a volte per lunghi periodi, accettare di essere sottomessi al giogo di qualche governante senza scrupoli e delle sue ideologie insensate? Confesso che questa era sempre rimasta una cosa un po’ astratta per me, almeno sino a questi ultimi mesi…

Mi ricordo delle lezioni di storia e di geografia della mia infanzia e poi della mia adolescenza… Cioè di un tempo in cui queste due discipline esistevano ancora veramente, in un altro modo e non sotto forma di simulacri.

Sulle pagine dei manuali e per bocca dei professori, alla fin fine noi avevamo diritto di venire a conoscenza solo di stati di fatto… Un tale aveva preso il potere favorito da tale o talaltra circostanza, e si metteva prima di tutto l’accento sulla sua personalità autoritaria.
Per farla breve, sembrava acquisito che fosse sufficiente il temperamento, la forza di carattere o l’abilità di un generale, di un re o di un imperatore a portarli al potere e poi a farne dei tiranni o dei dittatori. Che triste semplificazione!

Un uomo, per quanto autoritario, non impone mai la propria volontà da solo… ha bisogno di qualche “aiuto”. Non parlo semplicemente dei consiglieri intriganti e degli esecutori che sa riunire intorno a sé, ma dell’ampio reticolo di uomini e di donne che si insedia quasi automaticamente sul territorio che intende governare a modo suo.
È sempre un reticolo stupefacente!

In effetti, superato il cerchio relativamente ristretto dei privilegiati che aspirano alla loro parte della torta, generalmente è fatto soltanto di persone mediocri. Mi spiego meglio…
Un simile reticolo, che d’altronde non è consapevole della propria realtà, è costituito solo da subalterni che hanno a loro volta dei subalterni, che ne designano altri ancora, ecc… e alla fine formano un esercito di collaboratori servili e asserventi.

La maggior parte degli esseri umani, bisogna riconoscerlo con lucidità, soffre di frustrazioni multiple, frustrazioni di cui cercano di consolarsi non appena gli viene dato ciò che assomiglia a un potere, per quanto possa essere finto… Il potere di far mettere in fila delle persone lungo un muro, di attaccare cartelli di divieto qui o là, di richiedere l’esibizione di un lasciapassare, di far dire di sì controvoglia o contro il proprio pensiero… Conosciamo tutti la scusa, erogata mille volte come una litania ogni giorno che passa: « Ah mi dispiace… non sono io a decidere… ». Nessuno è mai responsabile di nulla e soprattutto non della sua stessa complicità!

Spingendo un po’ oltre l’osservazione, troviamo certamente il vigliacco potere di incoraggiare la gente a fare la spia, a denunciare o a mentire con il falso pretesto del “bene collettivo”. Il potere di fare delle multe, evidentemente, quando non ci comportiamo da “buoni cittadini”… cioè da soggetti conformi alla Sicurezza dello Stato, madre di tutti i “lodevoli” abusi. Ah… ecco, ci siamo… la sicurezza! L’argomento principe di molti dittatori in erba o già in azione… sì, la sicurezza, perché da qualche parte nella maggioranza delle pance umane c’è sempre la paura. Paura di che cosa? Di tutto. Paura di vivere, perché vivere significa affermare se stessi e correre dei rischi.

È su queste poche constatazioni che si erigono tranquillamente le dittature… I piccoli bisogni individuali di potere, i multipli timori che creano le vigliaccherie e, di conseguenza, una servilità pienamente accettata in quanto sufficientemente confortevole … In definitiva, ecco quello che diventa il pane quotidiano di tutti quelli che, durante la seconda guerra mondiale, venivano chiamati “collaborazionisti”.

Come scrivevo poco tempo fa: «Date al primo che passa un’uniforme qualsiasi e un piccolo strumento che procuri un’illusione di importanza, e immediatamente costui non si vedrà più e non sarà più percepito come il primo che passa… ma come un responsabile credibile a cui bisogna obbedire. Ne abbiamo esempi ogni giorno».

Allora la mia domanda – scomoda – è questa: fino a che punto, nel mondo che si sta predisponendo oggi, sì, fino a che punto siamo dei collaborazionisti ?
Facciamo parte di quel famoso reticolo che trasmette un rosario di divieti e di obblighi, il cui numero di “grani” continua a moltiplicarsi di giorno in giorno?
Oh… basta poco per integrarsi. È qualcosa di molto sottile. Basta essere sempre d’accordo, poiché è di moda pensare e poi ripetere che tutto, assolutamente tutto, viene deciso “per il nostro bene”.

Scommettiamo che un giorno questa pagina – insieme ad altre – sarà puramente e semplicemente eliminata dai social? Non ci sarà da stupirsene…
Chi si ricorda di questa frase, riprodotta su molti muri nel maggio 68? “Vietato vietare”…
Mezzo secolo dopo, siamo agli antipodi.
Andiamo… Non limitiamoci a sperare alzando gli occhi al cielo e poi lavandoci le mani di tutto ciò che succede… Alziamoci in piedi! Non ci possiamo accontentare di guardare il mondo dalla finestra!

© Daniel Meurois –  Novembre 2020
traduzione di Renata Germanet