• Le Apocalissi di Giovanni

Le Apocalissi di Giovanni

“Quando si scrive un libro che si sente destinato a essere un “libro dell’anima”, come è stato il mio caso quando ho scritto Le Apocalissi di Giovanni, ci sono passaggi che, più di altri, ci vengono a cercare in profondità. Sentiamo così che questi passaggi sono infinitamente al di là di noi stessi e che non sono nient’altro che un semplice scriba sul filo del Tempo.
Quello che mi è venuta voglia di proporvi oggi è uno di quei brani, proprio per l’universalità del suo insegnamento… anche se evidentemente è troppo lungo per alcuni internauti del genere “consumatore”.
Johannès (il discepolo Giovanni), colto da malessere nella sua casa di Efeso, è circondato da alcuni suoi cari…
.”

Daniel Meurois – Novembre 2022

DI CUORE E DI PANE

Mi sembrò che qualcuno deponesse su di me una pesante coperta, e venni colto da una di quelle vertigini di cui sapevo che mi avrebbero introdotto in un altro universo, come se ne venissi aspirato. Ben presto, i sussurri che volteggiavano intorno a me sfumarono per lasciarmi alla solitudine della mia realtà profonda.

Tutto il mio essere si era appena ridotto a una sorta di bolla di silenzio che, a partire dal mio polso destro, risaliva lentamente lungo il mio braccio in una sensazione indefinibile… Com’è possibile percepirsi improvvisamente estranei all’abito di carne che si indossa ed essere simultaneamente assorbito dall’Onda segreta e così sottile che vi si infiltra?

Viaggiavo nel cuore di un fiume luminoso che, lo sapevo, era l’essenza stessa del mio sangue. Stavo vogando verso il mio cuore, me lo diceva una conoscenza senza tempo e, sullo scafo della mia coscienza non c’era più nient’altro che la Vita, senza desiderio, senza sofferenza né interrogativi. Ormai esisteva soltanto il fiume del Vivente che si allargava e mi conduceva fino al mio sancta sanctorum.

Allora, in una dilatazione improvvisa e definitiva, la cavità del mio stesso cuore mi apparve e mi avvolse con le sue sorde pulsazioni, identiche alla ritmica dei tamburi di un santuario.

Per la verità, mi trovavo in un tempio con due portali ornati di un velo. Quello di destra era azzurro e il sinistro scarlatto. Allora una voce si fece sentire e mi disse: “Ecco il Logos e il Suo Sigillo nella Loro comune Dimora”. In terra vidi subito una grande croce cristallina che divideva il tempio in quattro alcove.

“Guarda meglio” riprese la stessa voce. Contempla la cappella in alto a destra… È quella dedicata alla Terra… poi scendi un po’ dimenticando l’alto e il basso… Vi scoprirai quella dell’Aria… Ora lascia che il tuo sguardo visiti quella che si trova alla sua sinistra. È nel suo spazio che viene venerata l’Acqua viva della Purificazione e delle Memorie…

Infine sali, sali ed esponiti al Fuoco della quarta cappella del tuo cuore, quello che attiva e calcina…”.

Forse la mia coscienza rimase a lungo al centro della croce cristallina. Non vi nasceva alcun pensiero perché era in piena contemplazione. Dopo… dopo, non mi ricordai mai di un oceano virginale in cui forse mi vennero insegnate mille cose di cui continuo a non sapere nulla, se non che la vita che viviamo è soltanto una simultaneamente ad altre.

Mentre mi percepivo come un pellegrino del Divino a Efeso, non era forse possibile che un diverso aspetto del mio essere stesse vivendo in parallelo un’esperienza da guerriero, da mercante o da scriba in un altro mondo? Imparare, comprendere, disimparare e poi espandersi…

Quando tornai “in me” stava albeggiando. Tremavo sotto la spessa coperta di lana. Tutti avevano preferito rimanere lì, intorno al mio corpo disteso. Andarono in fretta a cercare una bevanda calda e volli addossarmi a uno dei muretti della terrazza. Lo feci con estrema fatica e dovetti riconoscere che ero ammalato, perché una forte febbre si era impadronita di me.[…] La mia era prima di tutto una febbre dell’anima, quindi era a quel livello e in un luogo del genere che dovevo comprenderla e poi spegnerla.

Nel mio oratorio c’era un lucernario; mi distesi su una stuoia per riuscire a contemplare il cielo attraverso la sua apertura. L’aria e lo spazio, e anche la luce, per me tutto era vitale…

Passarono circa due giorni. Non cambiava nulla. Mi sentivo incapace di fare il punto sulla mia discesa – o salita – fin nel cuore del mio cuore, sapendo soltanto che non avevo sognato né immaginato nulla in un delirio febbrile. Ero stato davvero invitato ad andare nella perfetta Immagine del santuario del mio petto, là dove una croce che dava origine a quattro spazi di venerazione era diventata il punto di ancoraggio della mia coscienza.

Non appena chiudevo gli occhi, il suo Segno mi appariva tutto pieno di Luce. A volte mi spingeva verso una cappella o l’altra, a volte anche qualche forza mi faceva alzare lo sguardo e così scoprivo la cupola che sormontava il tempio. L’azzurro vi si mescolava allo scarlatto…[…] Infine, risvegliandomi da uno dei miei sonni, di colpo mi percepii in modo diverso. Era difficile da definire, ma mi venne in mente l’immagine di quei musicisti che avevo spesso visto mentre sistemavano le corde della loro lira. Il paragone si imponeva da solo… Come ogni essere umano ero simile a una lira, e qualche “Musicista celeste” aveva dovuto ritenere che alcuni “fili” della mia coscienza avessero bisogno di essere riaccordati… Vi si era impegnato al momento giusto, ma la mia carne ne aveva subito le inevitabili tensioni.

Chi era quel Musicista? Chiusi gli occhi… Jeshua? Il Soffio universale del Benedetto? Mi arrivò una risposta più semplice, quella che mi era già stata offerta un giorno sulle rive del lago, a Betsaida…

“L’Amore, fratello mio! L’Amore che germoglia in te. Non renderMi “responsabile” di tutto quello che ti succede di buono, Io sono un Cammino, ma… sei tu e tutti gli altri a percorreLo a modo vostro. Allora non cercare oltre, perché è sempre l’Amore che dà forma alle cose; più gli fai posto nel tuo cuore, più le tue parole si dipingono di nuovi colori e più il tuo corpo cambia. Forse non lo vedi, eppure… tutto quello che avvicini e tocchi lo percepisce”.

Quando mi tornarono in mente quelle parole, seppi immediatamente di essere al centro esatto della croce del tempio del mio cuore, mentre il mio essere si confondeva con lo zampillare di una miriade di cristalli… Quelli di un sale che esprimeva la Rivelazione di una nuova Coscienza… Diventare il sale dell’Umanità, portare il sapore del suo Risveglio! Non domani, ma adesso! E nell’umiltà della vera Pace. Era chiaro!

Quando riuscii ad aprire gli occhi, Thalie, con un bambino in braccio, era seduta in terra vicino a Yohan. Avevano entrambi l’espressione di quelli che assistono un morente.[…] Qualche ora dopo, la febbre era scomparsa completamente e spezzavo il pane con quelli che condividevano la mia vita.

«Amici miei» dissi loro con una voce sicuramente ancora incerta «avete mai davvero riflettuto sulle quattro meraviglie che costituiscono il valore di un pane come questo?

La prima è quella del grano che porta in sé la potenza della terra; la seconda è quella dell’aria che vi si è infiltrata per farne della farina. Poi viene la terza, quella dell’acqua che vi si mescola per farne un impasto da lavorare. Quanto alla quarta, non è altro che quella del fuoco, l’artigiano del passaggio a un altro stato, a un’altra realtà, quella del pane. Ma… ho omesso qualcosa… il sale! Quel sapore elevante che scivola al centro della pasta e che, sottilmente, indurrà il desiderio della sua necessaria condivisione».

Ricordo che le mie parole incitarono le mani a posarsi al centro del petto.

«Parlandovi dei segreti del pane, vi ho confidato quelli del cuore» aggiunsi ancora. «Il vostro cuore riassume l’Essenziale. Ecco perché al punto di giunzione delle quattro Potenze che fanno giustamente di lui un cuore incontrerete per sempre il Benedetto…».

«È stato Jeshua a insegnarti tutto questo? Nessuna di queste verità è stata ancora scritta…».

«È l’Amore, Yohan… ma non c’è differenza. Jeshua e l’Amore sono due nomi che si chiamano l’un l’altro».
Infine intervenne Thalie, timidamente ma sempre con una delle sue domande pertinenti. «Fratello mio, non hai dimenticato… l’olio?».
Sorrisi…

«L’olio? È una forma d’acqua, Thalie, ma un’acqua che porta la sua parte di sole e che quindi prepara al fuoco…».
Yohan si espresse nuovamente.

«Ma il sale, fratello mio… quel sale che metti al centro del pane, vi interpreta lo stesso ruolo del Logos al centro del nostro mondo? Abbiamo molta fame… raccontaci!».

«Il sale, vedete, è un’emanazione del Suo Principio, una forma, un ambasciatore tra altri… Proprio come la perla di rugiada che, all’alba, sale dalla terra per esporsi all’aria aperta, genera un succo vitale e poi si offre al fuoco del sole».

In verità, ero il primo a essere sorpreso dalle parole che uscivano dalla mia bocca; idee, immagini e simboli vi si concatenavano senza avermi mai attraversato in simili termini.

© DANIEL MEUROIS, Le Apocalissi di Giovanni
traduzione di Renata Germanet