Il Viaggio Astrale: Incontro con Daniel Meurois,  Québec

 

Il Viaggio Astrale

ML per le Edizioni Le Passe-Monde

ML: Buongiorno Daniel Meurois. In tutta la Francofonia e anche in Europa, lei è stato il pioniere delle tecniche di uscita dal corpo che vengono chiamate “viaggio astrale”… o, se preferisce, lei è stato il primo a parlarne apertamente di fronte a un grande pubblico.

Nel 1980, cioè 35 anni fa, lei ha pubblicato un primo libro sull’argomento, Racconti d’un viaggiatore astrale. Questo libro, d’altronde, ha suscitato così tanto interesse che all’epoca lei era stato invitato a Passez donc me voir, una trasmissione televisiva di grande ascolto con Philippe Bouvard.

Cito un estratto dell’introduzione di Racconti d’un viaggiatore astrale, una descrizione che riferisce la sua primissima esperienza fuori dal corpo:

«Essendomi abbandonato a quello stato che sta alla frontiera tra la veglia e il sonno, mi sono visto disteso sul letto nella mia camera di studente. Come esprimere le impressioni di un essere che si vede per la primissima volta dall’esterno del proprio corpo? Sono io o sono lui? Si arriva persino a chiedersi se non sia questa, la morte».

Quindi, Daniel, potrebbe raccontarmi più diffusamente i suoi inizi, la sua primissima esperienza e poi che cosa l’ha portata a sviluppare il suo metodo di lavoro?

Daniel Meurois: Sì. Lei ha detto che bisognava risalire a 35 anni fa, ma questi 35 anni si riferiscono solo alla pubblicazione del libro.

In realtà, per risalire veramente alla genesi di ciò che mi è successo e di ciò che ha orientato tutta la mia vita, bisogna risalire a 40 anni fa, quand’ero ancora uno studente e abitavo nel nord della Francia, a Lille. E quindi, tutto è successo in una sera della primavera 1971, tornando dalle lezioni.

A quell’epoca, ero lontano centomila miglia dal preoccuparmi di ciò che oggi costituisce il centro della mia vita. Ero uno studente che viveva in una famiglia tradizionalmente cattolica, non particolarmente credente ma che seguiva la tradizione.

Ero completamente libero e vergine rispetto a qualunque idea di tipo spirituale, religioso e filosofico. Ero semplicemente uno spirito curioso e aperto, senza preconcetti.

Dunque, una sera, tornando dai corsi all’Università, mi sono semplicemente sdraiato sul letto.

Ero un po’ stanco e quindi ho lasciato andare le tensioni, ma dopo pochi istanti mi sono sentito entrare in uno strano stato di rilassamento, era un rilassamento naturale, spontaneo.

E, a un certo punto, ho iniziato a non percepire più il mio corpo… cioè le mie membra non mi sembravano più chiaramente essere le mie membra, ero dentro qualche cosa, ma niente di più. Era uno stato che non conoscevo, ma l’ho lasciato arrivare perché era una cosa strana da vivere.

Abitavo un corpo ma non lo percepivo più veramente e, a un certo punto, c’è stata una specie di “clic” che non ho controllato, che era più forte di me, qualcosa che mi ha aspirato fuori dal mio corpo fisico.

In una frazione di secondo mi sono visto dall’esterno, ho visto un tizio disteso sul letto, e quel tizio ero io! E qualcosa di “me” era sospeso nell’aria vicino al soffitto della mia camera da studente, e guardavo il mio corpo.

D’altronde, tutto ciò è successo talmente in fretta che non ho avuto il tempo di realizzare davvero ciò che stava capitando.

Salvo il fatto che la percezione del mio corpo visto dall’esterno è durata un certo tempo, abbastanza a lungo perché mi accorgessi di ciò che era successo. Innanzitutto, mi sono reso conto che quel qualcosa che era esterno al mio corpo e mi vedeva, continuava a vivere fuori dal corpo fisico e possedeva dei sensi.

In più, mi sono reso conto che i miei sensi si erano demoltiplicati in rapporto a quelli della mia vita ordinaria. Per esempio, il mio campo visivo si era considerevolmente allargato, avevo anche la sensazione di poter persino vedere quasi a 360°.

D’altra parte, le luci di tutto ciò che vedevo dell’arredamento della mia camera erano infinitamente più vive, più scintillanti di quelle che si possono vedere in una condizione normale. Avevo anche quasi l’impressione di veder vibrare ciò che chiamiamo gli atomi della materia, c’erano dei colori meravigliosi.

Il senso dell’udito era anch’esso decuplicato. Mi sembrava di sentire dei rumori che erano estremamente lontani, era come se nelle mie orecchie ci fosse un amplificatore!

E poi, mi sono reso conto che nello stato in cui mi trovavo, la materia di quest’altro “me stesso” – all’epoca non sapevo come chiamarlo – non era tale, perché non riuscivo a stabilizzare quel qualcosa che vedeva il mio corpo.

Detto in altro modo, quel qualcosa che vedeva il mio corpo è entrato tranquillamente nel soffitto della stanza, è entrato anche nell’armadio dove stavano i miei vestiti da studente, e quando ho vissuto questa strana sensazione di interpenetrazione della materia per mezzo di quel qualcosa che vedeva il mio corpo, mi sono reso conto che non ero più materiale.

Allora, la prima sensazione che ho avuto e la prima domanda che mi sono posto è stata: «Sei morto?» È evidente!

Mi vedevo dall’esterno, i miei sensi non erano più quelli abituali, e la materia non voleva più dire nulla; dunque, non sarà per caso questa, la morte?

Ma istantaneamente non ho avvertito nessuna paura, perché era una sensazione direi quasi inebriante, c’era molta pace in me, e mi sono semplicemente detto: «Ebbene, se la morte è questo, Dio mio, è qualcosa di meraviglioso!».

Non è poi stato tanto complicato, la prima volta. Il tutto è durato almeno dai 5 ai 10 minuti, perché ho avuto il tempo di riflettere e di vedere e poi, op! di colpo la mia coscienza è stata richiamata dal mio corpo fisico e mi sono ritrovato dentro di esso.

Non sono riuscito subito a riprendere il controllo del corpo fisico, non percepivo bene le membra e mi ci è voluto un certo tempo per riprenderne davvero possesso. Ero un po’ anchilosato e d’altronde c’è stato un breve momento di disagio, perché comunque questo genere di esperienza faceva riflettere.

Poi, poco a poco, mi sono alzato, ecc., e voilà. Quindi, quella è stata davvero la mia prima esperienza. Non c’è altra versione possibile… Lo voglio precisare perché ho sentito alcune persone dire tale o tal altra cosa a questo proposito. No, è successo così come l’ho appena raccontato.

Non c’era nessuna birretta e ancor meno qualche canna, perché in tutta la mia vita non ne ho mai fatto uso. Ero totalmente neutro e per nulla influenzato da una cosa qualunque.

Allora, è certo che dopo un’esperienza come questa mi sono sentito scosso, e anche se era stato molto bello faceva sorgere molti interrogativi: che cosa succede in quel momento? Che cosa hai vissuto? Era davvero una cosa di cui non riuscivo nemmeno a parlare con le persone che mi circondavano.

Quindi, era talmente meraviglioso che mi ponevo due domande: bisognerebbe da un lato che io sapessi di che cosa si trattava, perché non poteva essere un sogno, in quell’esperienza ero non soltanto lucido, ma iperlucido; quindi non potevo immaginare neppure per un istante di aver vissuto come una specie di sonno o dormiveglia, era esattamente il contrario del sonno, ero iperlucido.

E poi, mi sono chiesto se sarebbe stato possibile che io vivessi l’esperienza una seconda volta. Le mie preoccupazioni erano queste.

Quindi ho consacrato i mesi seguenti – e la mia vita di studente ne ha risentito, devo ammetterlo – a cercare di dare un nome a ciò che avevo visto. Mi sono detto: «Se ho vissuto questo, è un’esperienza abbastanza forte da essere scritta da qualche parte in qualche libro».

Non c’era nessuna ragione per cui avrei dovuto essere il solo al mondo ad aver vissuto questo. A partire da quel momento ho esplorato le librerie, la biblioteca dell’Università, ecc… e, dopo lunghe e assai pazienti ricerche, ho finito per scovare un vecchio libro che era stato pubblicato negli anni 30-40, di Charles Lansnin, che descriveva approssimativamente la stessa cosa che avevo vissuto, e che battezzava questo fenomeno “viaggio astrale”…

Quindi, secondo questo libro, avevo vissuto un viaggio astrale, un’uscita astrale, una decorporazione; erano molti i termini che venivano utilizzati.

Allora, dopo essere riuscito a dare un nome alla mia esperienza, mi sono detto che dovevo assolutamente viverla una seconda volta perché la cosa mi affascinava, devo proprio dirlo. E quindi mi ci sono voluti circa 6 mesi per riuscire a rivivere lo stato in cui mi ero ritrovato la primissima volta.

Mi sono costruito dei piccoli metodi personali di rilassamento, di distensione, perché a partire di lì ho cominciato a consultare libriccini di yoga in cui si parlava di respirazione, che insomma davano informazioni elementari. Erano i primi libri che venivano pubblicati in Occidente per essere messi alla portata di tutti.

Dunque ho imparato a rilassarmi con tutte queste cose. Insomma, mi sono fabbricato il mio piccolo metodo a tastoni, senza grandi principi. E poi, un giorno la seconda esperienza si è realizzata.

E da quel momento ho cominciato a prendere tutto ciò veramente molto più sul serio ancora, e mi sono detto che bisognava che io cercassi in quella direzione perché c’era davvero qualcosa, la cosa non poteva finire lì, tutto ciò voleva dire qualcosa.

Ciò che esce da me e che può guardarmi dall’esterno, assomiglia stranamente a ciò che si può chiamare l’anima.

Allora, era sempre tutto molto strano per me che non ne parlavo al mio entourage… ma a un certo punto ho finito per parlarne a una persona che all’epoca cominciavo appena a conoscere e che si chiamava Anne Givaudan.

Poi lei mi ha chiesto di insegnarle il mio piccolo metodo, e io l’ho fatto con molta semplicità, e lei è riuscita a riprodurre il fenomeno. Le spiegavo i passaggi punto per punto, ed è così che le cose sono andate, all’inizio.

ML: Daniel, avrebbe potuto chiudere lì l’esperienza ma alla fine, come testimoniano i suoi scritti, da quel momento la sua scoperta ha assunto proporzioni ben più ampie nella sua vita. Che cosa ha orientato gli avvenimenti che seguirono?

DM: Ciò che ha orientato gli avvenimenti che seguirono è stata innanzitutto e semplicemente la curiosità, perché mi sono reso conto, senza volerlo, che quando ero in stato di decorporazione bastava che pensassi a un posto o a una persona perché quel principio che riuscivo a estrarre dal mio corpo si recasse istantaneamente in questo posto e vicino alla persona a cui avevo pensato. All’inizio è successo involontariamente.

A partire da quel momento mi sono detto: «Ehi, è qualcosa di incredibile! Vuol dire che la coscienza (o l’anima) si sposta alla velocità del pensiero quando è fuori dal suo abito di carne». Questo mi ha veramente fatto venire la voglia di sperimentare molto di più quelle cose.

Prima di tutto perché potevo darmi delle prove, e ho cercato di darmene. Per esempio, mi sono reso conto che potevo controllarmi da solo, cioè pensavo a un posto che conoscevo un po’ e ci andavo in decorporazione. Poi, una volta tornato nel mio corpo, prendevo l’auto di mio padre e andavo sul posto per vedere se ciò che avevo visto in decorporazione era corretto nei minimi dettagli.

Oppure, più complicato: davo appuntamento a un amico (a quel punto mi ero già confidato un po’ di più con alcune persone) dicendogli: «Verrò a trovarti a una certa ora e quando tornerò nel mio corpo ti telefonerò per dirti che cosa stavi facendo».

Ecco come la cosa è iniziata le prime volte, era pura curiosità… non una curiosità malsana ma per sapere, perché questo mi sembrava veramente molto importante. Sembrava voler dire che potevamo vivere al di fuori del nostro corpo. Allora, questa fase di apprendistato, con dei controlli, ecc. è durata più o meno sette anni, cioè dal 1971 alla fine del 1977. E l’avventura vera e propria è iniziata dopo!

ML: Daniel, torniamo al libro Racconti d’un viaggiatore astrale. Potrebbe parlarci delle esperienze che vi descrive?

DM: Piuttosto di parlarvi di quelle esperienze, mi piacerebbe parlarvi della chiave che mi ha condotto a quelle esperienze… perché in un primo tempo è forse la chiave a essere più importante dei dettagli delle esperienze, che sono innumerevoli.

La chiave è arrivata un giorno che mi trovavo semplicemente in stato di decorporazione e in cui mi sono reso conto che al di fuori del mio corpo fisico sentivo una specie di ronzio interiore, e che il suo livello cambiava in funzione del mio stato. Diventava molto acuto oppure molto grave, non era costante e ciò che faceva variare questo livello sonoro dipendeva dal modo in cui io mi sentivo.

Per esempio, quando praticavo la decorporazione senza essere molto in forma o se avevo delle preoccupazioni personali nella mia vita, mi rendevo conto che questa vibrazione diventava come una specie di ronzio molto molto grave e che, prima o poi, nel mezzo di quel ronzio sarei stato richiamato nel mio corpo fisico.

Al contrario, se mi sentivo particolarmente rilassato, contento, gioioso, allora il suono diventava molto acuto, cristallino, ed è dopo un’esperienza in cui ero particolarmente disteso che tutto è cambiato. A un certo punto, il suono è diventato talmente cristallino interiormente che, senza sapere che questo potesse esistere, mi sono visto aspirare, attirato da una spirale di luce.

Oggi si sa che cos’è questa spirale di luce: alcuni la vedono come un tunnel buio con una luce in fondo. Per me, c’era luce ovunque. Ora potrei dire che questo corrisponde a un’esperienza di morte clinica, ma all’epoca non sapevo queste cose, non se ne parlava.

Dunque, mi sono lasciato completamente assorbire in questa spirale di luce – non era doloroso, al contrario, era una specie di beatitudine – e, a un certo momento, mi sono visto proiettare all’altro capo di questa spirale di luce e lì mi sono ritrovato in un mondo di una bellezza assolutamente incredibile, un mondo in cui tutto era luce, e non era qualcosa di ovattato, di sfocato, come a volte si vede in certi film non troppo documentati sull’argomento. Lì tutto era estremamente materiale.

La prima volta, mi sono trovato in un angolo di natura veramente molto bello, molto puro, molto vergine. Mi sono visto nel mio corpo, che si era completamente ricostituito in questo spazio e vedevo i miei piedi che facevano piegare i fili d’erba del suolo che calpestavo.

Ma la cosa straordinaria è che in questo spazio che stavo scoprendo non c’era ombra. In realtà, avevo la sensazione che la luce fosse all’interno di tutto ciò che si trovava lì. Molto rapidamente, in quel mondo – perché era davvero un mondo e non un semplice scenario – un essere è venuto da me e si è presentato.

È l’Essere di cui parlo in Racconti d’un viaggiatore astrale e che ho chiamato l’Essere dal volto blu, ed è lui che mi ha guidato passo passo per qualche anno.

È lì che mi sono reso conto che quel mondo in cui la mia coscienza era penetrata involontariamente era uno degli aspetti di quell’aldilà, quel “regno dei morti” di cui tanto si parla, salvo che questo qui era piuttosto il regno dei vivi… e direi persino degli ipervivi!

Mi sono reso veramente conto, a partire da quell’esperienza (che in seguito ho ripetuto moltissime volte) che quel mondo era quello dell’anima e che il veicolo energetico in cui mi stavo spostando corrispondeva all’anima umana. Da quando ho preso coscienza della realtà del corpo astrale, lo vedevo come una specie di corpo semigassoso, semielettrico, semplicemente al di fuori del corpo fisico.

Solo che arrivando in questo spazio, quell’aldilà di cui ho appena parlato, era un corpo davvero tangibile, un corpo di carne, ma al tempo stesso lo sentivo abitato dalla stessa luce che abitava la natura che vedevo.

A partire da quel momento, ho potuto incontrare in quel mondo un certo numero di esseri disincarnati che si chiamano “i morti”, ma vedevo bene che erano vivi.

Era come il rovescio dello scenario del nostro mondo. Allora, Racconti d’un viaggiatore astrale e altri libri sono stati scritti a partire dalla penetrazione della mia coscienza in quel mondo e in altri ancora.

E così è stato come se un intero ventaglio si aprisse di fronte alla mia coscienza. È stato davvero l’inizio del mio lavoro. Questo è successo nel 1977, ed è alla fine del 1977 che su richiesta dell’Essere Blu, l’Essere di Luce che mi ha guidato, ho iniziato a scrivere. Ho impiegato un po’ più di due anni a scrivere il mio primo libro, che è stato pubblicato nel 1980.

Allora devo dire che la moltitudine delle esperienze è senza fine e quindi non potrei enumerarle qui, ma ecco come è successo, molto spontaneamente, ed è lì che mi sono reso conto che avevo una chiave, un privilegio straordinario, e che il mio compito in questa vita era, in un primo tempo, quello di sdrammatizzare il fenomeno della morte, di far comprendere a chi voleva davvero sentire che la vita non si riduce al corpo fisico, che l’anima non è un simbolo… e a partire di lì, di poter generare un’onda di speranza, perché quando non si ha più paura della morte, quando la si relativizza, quando si vede che la morte è una porta da oltrepassare, una soglia da varcare, ebbene, si comincia ad avere molta meno paura della vita, e allora tutto cambia!

A partire da quel momento, c’è una vera e propria presa di coscienza – sul piano non certo religioso ma spirituale – che si insedia tranquillamente, e ho consacrato la mia vita a questo perché mi è sembrato più importante di ogni altra cosa

ML: Ma, Daniel, lei in quanto uomo incarnato ha difficoltà a reintegrare il suo corpo fisico?

DM: All’inizio delle mie esperienze, ci sono stati dei momenti in cui ho effettivamente avuto delle difficoltà, perché avevo la sensazione, quando rientravo nel mio corpo fisico, di entrare in una specie di… il termine potrebbe sembrare un po’ eccessivo, ma direi… una pattumiera! C’era una specie di densità in questo abito che dovevo reintegrare, e questo abito si trovava anch’esso in un mondo estremamente denso – quello che viviamo ogni giorno – ma diciamo che questa difficoltà si è ben presto attenuata, perché il fatto di prendere coscienza di non essere semplicemente una creatura di carne che risponde a delle leggi biologiche, chimiche o elettriche, ecc…, il fatto, dunque, di prendere coscienza di essere molto più di questo rende felici, porta con sé una specie di forza interiore, e questo ci permette di assumere un certo distacco in rapporto alla pesantezza e alle difficoltà del quotidiano.

Non dico che risolva tutti i problemi, anzi.

Mi è capitato di avere grossi problemi nella mia vita, come tutti, e quindi questo certo non li elimina, siamo degli esseri incarnati, degli esseri di carne, e quindi dobbiamo farvi fronte… ma nelle difficoltà questo dà sempre, a un certo punto, un po’ di respiro, perché si prende molto meno sul serio la prova che ci si trova a vivere.

E allora nel corso degli anni questo mi ha dato una sorta di solidità interiore, di serenità, di calma. Certo, non al 100%, tutti abbiamo dei momenti di irritazione, ma dà una stabilità e anche una centratura veramente molto importanti.

ML: Molta gente si chiede: tutti hanno la capacità di uscire dal proprio corpo consapevolmente per riportarne, così come fa lei, ricordi precisi come quelli che si trovano nei suoi libri?

DM: Be’, in teoria sì, perché siamo tutti costruiti secondo lo stesso modello, lo stesso progetto. La Divinità, Dio o il Grande Capo, o l’Universo – possiamo chiamare questa Forza come vogliamo – ci ha pensati tutti quanti più o meno allo stesso modo.

E quindi sì, allo stesso modo in cui tutti possono imparare a suonare uno strumento musicale o a utilizzare una matita per disegnare, ecc… direi di sì… salvo che possiamo avere più o meno facilità nel farlo, e bisogna riconoscere che questa capacità di proiettare la coscienza fuori dal corpo – consapevolmente, volontariamente (insisto su questo) – è data a pochissime persone.

Per esempio, quando ho incontrato la mia attuale moglie, Marie Johanne Croteau-Meurois, lei aveva già una sua personale tecnica di decorporazione. Lei non procede nel mio stesso modo, ma il suo è altrettanto rapido ed efficace.

Possiamo quindi decorporarci a volontà quando c’è un lavoro da fare per aiutare qualcuno, o semplicemente per entrare negli Annali dell’Akasha in vista di un futuro libro da scrivere… Lavoriamo insieme o a volte individualmente, secondo la testimonianza che dobbiamo rendere.

Perché noi possiamo farlo? Be’, credo che su questo abbiamo delle capacità preesistenti perché, di fatto, i viaggi delle nostre anime in questo mondo ci hanno portati a prendere coscienza della realtà della reincarnazione.

Per quanto mi riguarda, all’epoca non vi ero preparato, ma è una realtà che mi si è imposta. Ho assistito al ritorno sulla terra di anime che erano nell’altro mondo e che tornavano da noi (cfr. il libro I nove scalini).

Quindi, a un certo punto non si trattava di dire «to’ guarda, questa filosofia mi piace e mi interessa da un punto di vista intellettuale», ma semplicemente «si muore, e si torna»… non necessariamente all’infinito perché non è questo lo scopo della vita, ma fino a un certo punto, bisogna tornare finché la nostra anima non si è affinata e purificata.

Anche per Marie Johanne questo si è imposto come una seconda natura, ed è così che, parallelamente alle mie personali conoscenze, lei ha potuto ritrovare per conto suo la memoria delle Terapie Essene del tempo in cui era una delle tre discepole del Cristo, Salomé. Tutto questo le è servito per redigere il suo ultimo libro, Il Portale degli Elfi. E con questa facoltà lei continua il suo lavoro di “traghettatrice di anime”…

Dunque, per tornare a ciò che dicevo a proposito delle decorporazioni, è certo che solo una capacità preesistente a livello dell’anima permette di spiegare come io abbia potuto sviluppare una certa agilità in questo tipo di lavoro, e bisogna dirlo che questo è raro, molto raro. D’altronde, anche se potenzialmente tutti hanno questa capacità, personalmente non consiglierei a nessuno di lanciarsi in questa “avventura” con il pretesto che è interessante e che in teoria tutti possono farlo.

Credo che sia necessario essere molto equilibrati dal punto di vista emozionale, cosa che in generale sono sempre stato. Bisogna godere di ottima salute ed era il mio caso in quel periodo, e poi non bisogna avere paura, non bisogna avere dei timori, perché è facile dire «comprendo bene il fenomeno, mi metto in quella posizione e a un certo momento mi succede, e andrà bene perché so di che cosa si tratta…» solo che le cose non vanno in questo modo… perché quando si è alle soglie dello sdoppiamento si verifica un mucchio di fenomeni, il cuore si mette a battere in modo estremamente rapido, si possono sentire delle palpitazioni, si può entrare nel panico, avere la vista offuscata, avere dei tremiti. In realtà, tutto ciò varia da una persona all’altra.

E, ammettendo che la decorporazione avvenga, quando poi l’anima torna nel corpo, se non lo fa in maniera adeguata, tranquillamente, questo può causare delle nausee, forti mal di testa, vertigini, ecc…

Per questo motivo non consiglio a nessuno di provare a uscire dal proprio corpo, a meno di esservi esplicitamente invitato dalla Vita, e la Vita è il nostro destino.

D’altra parte, non bisogna soprattutto credere che questo genere di esperienze possa cancellare tutte le difficoltà o fare di noi dei grandi iniziati. È una chiave, ma la chiave sottintende un grande lavoro interiore e anche una responsabilità, perché si è incaricati di trasmettere delle informazioni agli altri.

La Vita non ci dà questo dono semplicemente per il nostro piacere personale, è una responsabilità nella misura in cui ci richiede di essere molto esigenti con noi stessi nella nostra vita.

Allora certamente nessuno ha interesse a cercare questo, e a gettarsi a capofitto (senza brutti giochi di parole) in questa avventura. In un certo modo è la Vita che decide se dobbiamo o meno fare un certo lavoro in questa direzione. Tutto qua, e non è più complicato di così.

Se non la troviamo sul nostro cammino, non andiamo a cercarla, la decorporazione non è un fine in se stessa, è una chiave rarissima e ci sono molte altre chiavi, come la meditazione o delle discipline di lavoro su di sé che non presentano rischi e che potranno aiutare molte più persone di quanto non faccia il viaggio astrale.

Ne parlo perché è il mio strumento di lavoro, ma soprattutto non predico in favore di quella parrocchia.

ML: Daniel, mi piacerebbe che ci desse qualche precisazione sulla sua capacità di ricordare e riportare le informazioni che riceve nei suoi viaggi in decorporazione.

DM: Sì, volentieri! Effettivamente, la gente è molto incuriosita dalla quantità di informazioni che do nei miei libri, ce ne sono così tante che alcuni si chiedono se per caso io non ne aggiunga.

Tuttavia non ho certo bisogno di elaborarle, perché in stato di decorporazione – e penso che sia così per tutti coloro che sono coscienti quando fanno questo lavoro – tutto ciò che viene vissuto, provato, sentito e visto si incide in me con un’acutezza straordinaria, e quando torno nel mio corpo, per i due o tre giorni successivi a un’esperienza precisa, tutto il film di ciò che ho vissuto rimane intatto nella mia memoria, quindi durante quei due o tre giorni devo scrivere, altrimenti oltre quel termine tutto ciò diventa in qualche modo semplicemente parte della memoria ordinaria.

A proposito di questo fenomeno dell’acutezza della memoria, ne approfitto per dire che in realtà ognuno di noi fa delle decorporazioni tutte le notti, ma inconsapevolmente.

Ogni volta che cadiamo nel sonno, la nostra anima lascia il corpo fisico e va a visitare un mondo vibratorio, uno spazio energetico che corrisponde allo stato del nostro essere. Quindi, senza saperlo tutti fanno questa esperienza.

Per contro, non tutti hanno la capacità di memorizzare; c’è una specie di incoscienza, di censura che viene messa in atto da un organismo fisico che non è predisposto a questo genere di esperienza, che fa sì che quando l’anima torna nel corpo, la memoria venga tagliata – tagliata parzialmente perché si riportano comunque dei sogni che sono un miscuglio di viaggio astrale, di contatti effettuati al di fuori del nostro corpo fisico, e di una specie di “cinema” olografico che corrisponde ai nostri desideri, alle nostre pulsioni, ai nostri fantasmi, ecc… Ma il vero problema è quello di tornare con la memoria di ciò che è successo.

© DANIEL MEUROIS
Le Passe-Monde /Québec 2015

traduzione di Renata Germanet