Ho la fortuna di avere un piccolo giardino ornamentale annesso alla casa in cui vivo. E così tutti gli anni, ogni volta che arriva la bella stagione mi diverto a osservare il mio piccolo angolo di natura.

Ammiro il suo sviluppo, la varietà delle specie vegetali che ne creano il fascino, poto, pianto… forse come molti di voi che hanno questa stessa fortuna.

Da molti anni, tuttavia, mi diverto anche a guardare con occhi diversi la ricchezza dell’universo delle erbe, delle piante, degli arbusti e degli alberi, incredibilmente diversificato.

Direi che ne scopro con delizia tutta la… psicologia appena nascosta. Evidentemente, in un simile contesto la parola “psicologia” può far sorridere: per definizione, si crede che un vegetale viva in uno stato… vegetativo, non è così?

E invece… Avete mai notato come alcune specie abbiano uno sviluppo che illustra in maniera stupefacente certi comportamenti umani?

Alcune sono semplicemente belle e generose, altre invece debordano in tutti i sensi, si aggrappano a tutto ciò che è a loro portata, soffocano le piante vicine o si nutrono della loro sostanza. E a volte riescono a farci dimenticare altre piante che sono proprio lì, senza problemi, e a cui non serve necessariamente un terreno ricco per poter offrire il meglio.

Allo stesso modo ce ne sono di adattabili e disciplinate che rimangono giudiziosamente lì dove sono state seminate, mentre certe altre, poco più in là, hanno sempre sete, non hanno mai abbastanza sole o, al contrario, sempre troppo.

Luce, ombra, siccità, umidità… a volte capita di non sapere più come gestire questo piccolo mondo, tanto più che, con un po’ di attenzione, ci si accorge subito che una certa specie non sopporta la vicinanza di un’altra. Sì… le incompatibilità esistono anche fra le piante.

Dirò che ce ne sono di orgogliose, di solitarie, di timide, di generose, di infaticabili, di suscettibili, di invadenti o semplicemente di dolci e graziose.

Tutti sanno che ce ne sono di mattiniere, altre che preferiscono seguire passo passo la corsa del sole, alcune che liberano il loro profumo solo al tramonto, altre che si chiudono al minimo tocco e poi altre ancora che fioriscono solo in inverno. Infine, ci sono tutte quelle che si infilano e si arrampicano ovunque, mentre altre riescono a vivere solo lanciandosi verso il cielo.

Che dire di più? Che ne esistono alcune che hanno la capacità di nutrire la terra lì dove crescono e muoiono, mentre altre sanno solo renderla eccessivamente acida.

Allora, in mezzo a tutto ciò, quando mi vedo lavorare fra loro per cercare di stabilirvi il più bell’equilibrio possibile, affinché ognuna abbia il suo giusto posto evitando di farsi soffocare o di soffocare le altre, mi scopro spesso a pensare alle nostre società umane, anch’esse così complesse da armonizzare.

E più gli anni passano più constato fino a che punto la legge dell’analoga è realmente la legge dell’universo. È un po’ come se la Natura stessa avesse generato dei grandi archetipi, eterni, secondo cui tutti i regni si ordinano sistematicamente.

Mi sembra che archetipi di questo genere si esprimano realmente nell’insieme degli ambiti della vita, nelle forme e nel loro aspetto estetico, nelle funzioni, nei temperamenti e poi nei comportamenti.

Chi non ha mai notato in quale modo noi, gli umani, sappiamo inconsapevolmente assomigliare a un animale o all’altro, sotto più di un aspetto?

Apriamo gli occhi… Tra noi non esistono forse alcune persone che evocano il portamento o il modo di essere di un levriero, di un bulldog, di qualche felino o ruminante, di un uccello, di una donnola, di una rana, di un pesce o, ancora, persino di un insetto?

Vi faccio una confidenza… Io stesso mi sono sempre visto come un bearded collie, sapete, quei cani da pastore inglesi barbuti e a pelo lungo che hanno un comportamento del tipo “veicolo 4×4”…

Ma torniamo alle nostre piante e alle riflessioni a cui ci possono invitare perché, l’avrete capito, non è “per caso” che vi ho condotto nella loro direzione.

In effetti, credo che possa essere interessante osservare se stessi attraverso atteggiamenti e reazioni tenendo a mente i grandi schemi archetipali che il mondo delle piante ci propone esplicitamente.

Perché dunque non concedersi qualche istante e porsi coraggiosamente ma in maniera scherzosa questa domanda: «Se fossi un vegetale, che cosa sarei? Una campanula? Una pratolina? Un tulipano? Un lillà? A meno che io non sia un cactus… un dente di leone, un’edera o un caprifoglio… Una rosa? Troppo facile, no?».

Certo, ci sono migliaia e migliaia di possibili risposte. Nessun’erba, nessuna pianta è di per sé cattiva, perché sono tutte scaturite da questa Forza sacra che si chiama Vita… Bisogna semplicemente che ognuna di esse sia nel posto giusto per poter interpretare pienamente il suo ruolo.

Provate a farvi questa domanda… Se è sincera, la risposta che vi verrà può diventare estremamente ricca di insegnamenti… perché vederci più chiaro attraverso le nostre maschere, identificare meglio i nostri punti deboli e i nostri punti di forza significa avvicinarsi di più a noi stessi, là dove ci attende una maggiore quantità di pace. L’intento di questo esercizio non è né quello di accusarsi né di glorificarsi per qualcosa. È solo facendo lo sforzo di conoscersi meglio che ognuno di noi può sperare di esprimere il meglio di sé.

Avvicinarsi a una maggiore padronanza di sé significa avanzare verso un’armonia sempre più grande… Una verità che, ahimè, pare non venga insegnata in nessuna scuola. Una verità primaria attraverso cui si potrebbe far sì che il mondo – iniziando da quello più a portata di mano – sia un po’ più bello, un po’ più limpido… a condizione che anche noi ci troviamo al posto giusto. Sembra che ne siamo tutti i co-creatori…

Allora, con i tempi che corrono, non credete che questo potrebbe essere d’aiuto? È solo un’idea, così en passant… Un modo per essere un po’ meno in stato vegetativo in un momento in cui tutto si muove.

 

© DANIEL MEUROIS
traduzione di Renata Germanet