Non vi è mai successo di lasciarvi meravigliosamente prendere dalla magia profonda di una melodia, dalla luce misteriosa di un quadro o ancora dalle commoventi sinuosità di una scultura? Certamente sì… Ogni essere umano ha vissuto simili momenti di grazia, almeno una volta nella vita. D’accordo, sono sempre attimi passeggeri, spesso solo pochi secondi che segnano la nostra anima perché in essi tutto si è fatto improvvisamente più semplice… per poi diventare bello!

Poco tempo fa ho ricevuto uno di questi doni della vita. Ero al volante della mia auto quando, senza alcun preavviso, la radio ha iniziato a diffondere le dolci note di una melopea che non udivo da molto tempo. Era Berlioz… Ma importa poco, avrebbe anche potuto essere Mozart, Chopin o magari una composizione moderna assai più vicina alla nostra quotidianità. E in quel momento ho fatto una riflessione semplicissima. Sì, semplicissima davvero, ma così terribilmente importante da farmi venire la voglia di trasmettervela per iscritto.

Mi sono detto: «Quando nel corso della sua vita un uomo ha creato anche una sola opera come questa, può incamminarsi felice verso l’altra riva. Ha seminato felicità per l’eternità».

E oggi, mentre la mia penna corre sulla carta, mi sento ancor più consapevole del fatto che l’espressione artistica è forse il dono più sontuoso che la Vita possa fare a un essere umano… perché è il più limpido e il più universale. I sentimenti e le emozioni provocati dall’incontro con un ritornello, una luce, una forma o un profumo non hanno mai bisogno di essere tradotti, se la ridono dei dogmi e delle credenze di ogni tipo. Ci toccano esattamente dove serve, in pieno cuore, cioè lì dove le filosofie e le religioni ci conducono generalmente solo dopo parecchio tempo… sempre che ci riescano!

Nella Grecia antica, ci fu un’epoca in cui gli artisti erano rispettati, celebrati e messi al primo posto nella società, ben più dei militari, dei politici, dei capitalisti e dei faccendieri di ogni tipo. Senza naufragare nel passatismo e nella nostalgia, mi chiedo se, rispetto alla corsa verso non so che cosa in cui il nostro mondo è oggi affondato, tutto ciò non costituisca per noi una bella lezione.

Se rendessimo all’arte la sua vera dimensione nobilitante, se le permettessimo si ritrovare abbastanza posto e forza per inseminare le nostre società con ciò che vi è di meglio nell’uomo, ci sarebbe, credo, una speranza di riuscire là dove le religioni e i politici hanno fallito, cioè a stabilire un po’ di vera pace, di trasparenza e di comunicazione. Comunicazione tra di noi ma anche con quella grande “Corrente di Vita” che ci ha messi al mondo.

Sì, lo so, qualcuno potrebbe ribattere che nella nostra società l’arte e gli artisti hanno, invece, un posto di primo piano. Non ne sarei così sicuro… Lo show business e i suoi derivati hanno – innanzitutto e prima di ogni altra cosa – valori che è inutile commentare…

Qualcosa mi dice che le più belle sensibilità creative riescono solo raramente a esprimersi nel nostro nuovo millennio, giovane ma già sofferente come un vecchio. Come non accorgersi che vengono sistematicamente tarpate le ali di quelli che hanno un vero talento nel comunicare la vita e nel farla più grande invece di diminuirla o succhiarne narcisisticamente il succo?

Il vero linguaggio dell’arte, quello che trova la via del nostro cuore, non può sempre essere confuso con quello di un certo marketing sclerotizzante, estenuante martellamento orchestrato dai media.

Se non vogliamo dimenticare cosa sono i colori dell’anima sarebbe ora che ce ne ricordassimo, non vi pare?

© DANIEL MEUROIS
traduzione di Renata Germanet

Febbraio 2009